Comune di Castiglion Fibocchi
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Immergetevi nell'anima di Castiglion Fibocchi, un borgo dove la storia palpabile si stratifica ad ogni angolo, un racconto millenario inciso nella pietra, sospeso tra realtà e leggenda. Percorrere le sue vie è come sfogliare le pagine di un antico manoscritto, dove conquiste, alleanze, nobili casate e popoli antichi prendono vita.
Dominando le ultime propaggini del Pratomagno, affacciato sulla suggestiva Strada dei Setteponti, Castiglion Fibocchi vanta una posizione geografica strategicamente vitale fin dall'antichità. Qui si intersecavano arterie commerciali e militari, un crocevia che favorì, già in epoca romana, la nascita di insediamenti stabili. La vicinanza all'antica via Cassia Vetus (o Clodia), vitale collegamento tra Arezzo, Fiesole e Firenze, attrasse ville rustiche e nuclei abitativi.
Questo riferimento diretto a Ottaviano dei Pazzi, soprannominato Bocco, capostipite del ramo aretino della celebre famiglia fiorentina dei Pazzi del Valdarno, lo lega indissolubilmente alla narrazione identitaria del luogo. Bocco, figura carismatica, ha ispirato nei secoli successivi persino il nome del celebre Carnevale dei Figli di Bocco.
L'origine del nome del borgo è un affascinante enigma che ci conduce nel cuore del Medioevo. Intorno all'anno Mille, Castiglion Fibocchi divenne feudo dei potenti Conti Guidi, una delle famiglie più influenti dell'Italia centrale, sotto il cui dominio si strutturò come castello fortificato. Ma fu nel XII secolo che il borgo assunse l'appellativo con cui lo conosciamo oggi: "Castrum Filiis Bocchi", ovvero "Castello dei Figli di Bocco".
Con la caduta di Arezzo nel 1385, Castiglion Fibocchi entrò nell'orbita della Repubblica di Firenze, integrandosi nel sistema difensivo e politico del Granducato. Ancora oggi, i simboli araldici della città gigliata fanno capolino su alcune facciate del borgo, testimoniando questo importante passaggio storico.
Un momento cruciale nella storia del borgo fu il 1644, quando il Granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici insignì Alessandro del Borro, illustre generale aretino, del marchesato del paese. Noto per le sue imprese militari e per il suo impegno nello sviluppo agricolo e demografico del territorio, la sua famiglia mantenne il marchesato fino al XVIII secolo, lasciando un segno indelebile nella storia locale.
Nel corso del Settecento, con l'abolizione dei feudi e la riforma amministrativa dei Lorena, Castiglion Fibocchi conquistò la sua autonomia comunale. Durante il Risorgimento, partecipò attivamente alle trasformazioni politiche che portarono all'Unità d'Italia. Un episodio emblematico fu il plebiscito del 1860, in cui il paese fu tra i pochi a votare contro l'annessione al Regno di Sardegna, un gesto che rivela un profondo attaccamento alla propria autonomia e alle proprie tradizioni.
La Torre dell'Orologio, che svetta sul Palazzo Comunale, non è solo un elemento architettonico, ma un simbolo vivo: la sua illuminazione celebra nascite ed eventi, creando un filo conduttore tra il presente e la lunga storia del borgo.
Nonostante le vicissitudini storiche, Castiglion Fibocchi ha saputo preservare intatto il suo fascino medievale. La Porta Fredda, unica superstite delle antiche porte, i resti delle sette torri che un tempo lo cingevano come un baluardo, e la struttura compatta del centro storico narrano storie di un passato glorioso.
Già nel suo "Indicatore topografico della Toscana granducale" del 1856, Attilio Zuccagni-Orlandini descriveva Castiglion Fibocchi come un antico borgo fortificato, circondato da mura quadrangolari in rovina e dai resti di torri difensive. All'epoca, contava circa 60 modeste abitazioni, tra cui la chiesa parrocchiale, eretta nel secolo precedente. L'antica pieve, invece, si trovava in pianura, nella località di Pezzano, oggi trasformata in un cimitero, un luogo che invita alla riflessione sulla ciclicità della vita e della storia.
Accanto alla storia laica e politica, si snoda un ricco percorso religioso. La Chiesa dei Santi Pietro e Ilario, con le sue trasformazioni seicentesche e ottocentesche, testimonia la profonda spiritualità della comunità. La Chiesa della Compagnia del Santissimo Crocifisso narra la storia delle confraternite e della religiosità popolare. Poco distante dal centro, le suggestive rovine della Pieve di San Quirico in Alfiano offrono un viaggio ancora più indietro nel tempo, un luogo di culto documentato fin dal 1099 e che continua a svelare preziose testimonianze grazie a recenti scavi archeologici.
Oggi, Castiglion Fibocchi è un borgo che ha saputo trasformare la sua ricca memoria storica in una preziosa risorsa, facendo della sua identità una narrazione viva e coinvolgente. Le tradizioni popolari, come il vibrante Carnevale dei Figli di Bocco, dimostrano come il passato possa essere attualizzato con eleganza e passione, coinvolgendo visitatori e residenti in un'esperienza unica.
Visitare Castiglion Fibocchi non significa semplicemente ammirare scorci pittoreschi o monumenti antichi, ma entrare in un racconto corale, riconoscersi in una storia collettiva e ascoltare ancora la voce dei suoi protagonisti.
Castiglion Fibocchi non si limita a conservare: racconta. E chi ascolta, non dimentica.
Lo stemma comunale, sancito da un Decreto del Capo del Governo, presenta un elegante giglio dorato che campeggia solitario su uno scudo gotico. La scelta del giglio non è un richiamo al simbolo di Firenze, bensì un omaggio fonetico a Gello, una delle frazioni che confluirono nella creazione del comune, separandosi dall'antica entità dei "Due Comuni distrettuali di Laterina".
Oggi, accanto alla tradizionale attività agricola, si sono sviluppati agriturismi e numerose aziende agricole in costante crescita, che si distinguono per la qualità delle loro produzioni vinicole e alimentari, apprezzate sia sul mercato nazionale che internazionale.
Un invito a scoprire i sapori autentici di questa terra ricca di storia e di passione.
Il territorio circostante Castiglion Fibocchi è rinomato soprattutto per la produzione di vino e olio, che rappresentano i suoi principali vanti agricoli.
La storia del borgo è indissolubilmente legata a quella del Chianti: fu proprio nella celebre fattoria del Borro che Bettino Ricasoli codificò la formula del celebre vino toscano.
Le antiche cantine del Borro contribuirono anche alla fama del Vin Santo, tanto che all'inizio del Novecento vi si conservavano ancora caratelli etichettati per l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, testimoniando la sua diffusione internazionale.